Il danno della punizione

Secondo dati forniti dall’associazione Antigone, il 15 gennaio 2022, su 13.611 giovani a carico dei servizi della giustizia minorile, 316 erano detenuti in carceri minorili, di cui 140 stranieri e 8 ragazze. Un dato in calo rispetto agli anni precedenti. Perciò, circa il 2,6% dei giovani adulti vengono effettivamente rinchiusi in carcere, in quanto si cerca il più delle volte di trovare un efficace percorso rieducativo del minore, assegnando quindi dei percorsi di riabilitazione presso case famiglia e comunità, affinché non tornino a delinquere una volta terminata la riabilitazione. Perché dunque circa 300 ragazzi sono chiusi in carcere, al contrario degli altri 13.300? Il motivo non riguarda la gravità del reato commesso, bensì la fragilità sociale dell’individuo, sempre secondo l’associazione Antigone. In pratica, proprio alle persone a cui bisognerebbe prestare maggior attenzione e cura, queste vengono negate, perché troppo difficili da trovare. Ma cosa si guadagna da questa detenzione? Forse il giovane non può delinquere temporaneamente, così da non poter commettere ulteriori danni, ma dopo la scarcerazione? Quanto alte sono le possibilità che una persona, che è già stata rinchiusa in un istituto detentivo in quanto considerata troppo difficile da reintegrare, riesca effettivamente ad integrarsi nella società, una volta adulta? Pertanto, senza nemmeno considerare i danni emotivi che potrebbe subire un adolescente una volta rinchiuso in un carcere con altri coetanei considerati ugualmente pericolosi, è chiaro che il mantenimento degli istituti detentivi per minori non sia altro che una scelta pigra, fatta per evitare di dover trovare delle soluzioni alle cause che hanno portato il giovane a delinquere.

di Vasco Rizzotti-Vlach

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