prima redazione

Assemblea d’istituto del mese di febbraio

Comunichiamo a tutti gli studenti del Liceo Carducci – Dante che l’assemblea d’istituto del mese di marzo avrà luogo, salvo imprevisti, martedì 21 marzo alle ore 10:30 presso l’Aula magna di via Giustiniano. Gli ordini del giorno saranno resi noti da una circolare prossima alla divulgazione. Tutti gli studenti sono invitati a partecipare.

Appuntamenti pomeridiani

Il 9 marzo, alle 17:30, si terrà l’ultimo incontro del ciclo “Eredità classica del cristianesimo”, tenuto dal prof. De Vecchi. Il titolo dell’incontro è “Socrate, Platone, Gesù”; si tratta di un tentativo di spiegare perché e in che modo la diffusione della religione cristiana in Europa si è intrecciata radicalmente all’autorità della filosofia greca, creando così un nuovo modo di concepire la realtà e il rapporto dell’uomo con essa che sta alla base dell’Occidente moderno.

Il 22 marzo riprenderà la serie di incontri che nel 2020 prese il nome di “Vita nuova del mondo antico”. Quest’anno il tema delle quattro relazioni, che si svolgeranno come allora in via Giustiniano, è “Rinascite della tragedia”. Si parlerà con i prof. Daniele, De Vecchi, Staubmann e Zeper, di alcuni dei modi con cui la tragedia greca ha reso la letteratura moderna, nonché altre arti, quello che sono: incidendo sulle forme della rappresentazione artistica e anche sulla nostra idea di uomo e del suo rapporto con il mondo e con il divino. Gli appuntamenti sono: * il 22 marzo — La rinascita della tragedia dallo spirito della musica: il melodramma (prof. De Vecchi) * il 29 marzo — “Un buco nel cielo di carta”: la differenza fra tragedia antica e tragedia moderna è tutta qui * il 12 aprile — L’eroe nel labirinto: la tragedia di Orlando (prof. Staubmann) * il 19 aprile — Antigone on- and off-stage: un viaggio tra le interpretazioni del mito di Antigone sulla scena mondiale (prof. Daniele). Per informazioni contattare lorenzo.devecchi@liceocarduccidante.net

Camminate architettoniche La professoressa Tomasella propone agli studenti del Liceo tre uscite pomeridiane finalizzate alla scoperta dell'architettura di Trieste. Le uscite si focalizzeranno su delle zone particolari della città ed avranno luogo dalle ore 14:45, alle ore 16:45, nelle seguenti date: Venerdì 10 marzo – Borgo Teresiano, piazza Oberdan Mercoledì 15 marzo – San Giusto, Città Vecchia, piazza Unità Venerdì 24 marzo – Rive, Campo Marzio Gli studenti interessati potranno iscriversi contattando l'indirizzo mail paola.tomasella@liceocarduccidante.net . I minorenni dovranno essere autorizzati dai rispettivi genitori (scrivendo alla stessa mail). È ammesso un numero massimo di 10 persone per uscita. È possibile presenziare anche a singole uscite.

A cura di Simone Sorgiovanni

#edizione2023 #marzo #comunicazioni

Cellulari in classe

Il 20 dicembre 2022 è stata diffusa nelle scuole la circolare ministeriale 0107190/22 sull’utilizzo dei cellulari in classe. Ad interessarsi dell’argomento è stato il nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che ha ripreso un analogo documento già esistente (circ. 30/2007 del 15 marzo 2007), il quale già vietava l’utilizzo improprio dei telefoni cellulari e dei dispositivi analoghi durante le ore di attività didattica. In particolare la circolare del 2007 promuoveva l’inserimento nei regolamenti scolastici, che ciascun istituto ha il dovere di redigere e attuare autonomamente, dei divieti e delle relative sanzioni riguardanti l’uso improprio dei cellulari e degli altri dispositivi in classe.

La nuova circolare fa riferimento all’indagine conoscitiva promossa dalla settima commissione del Senato intitolata Sull’impatto del digitale sugli studenti con particolare riferimento ai processi di apprendimento, pubblicata il 14 giugno 2021, e reperibile dal sito istituzionale del Senato della Repubblica italiana. Dall’indagine, previe audizioni tenutesi in Senato con alcuni professionisti nei campi della neurobiologia, neuropsichiatria e pedagogia, si evince come l’abuso dei dispositivi elettronici causi nei giovani problemi fisici, quali ad esempio miopia, obesità, ipertensione, ma purtroppo anche psicologici come la diminuzione della capacità di concentrazione, della memoria, dello spirito critico e in generale la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali.

“L'interesse delle studentesse e degli studenti, che noi dobbiamo tutelare, è stare in classe per imparare. Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. L'interesse comune che intendo perseguire è quello per una scuola seria, che rimetta al centro l'apprendimento e l'impegno”. Così si è espresso il ministro Valditara a riguardo, come riportato sul sito del Ministero.

In sintesi il divieto di utilizzo dei cellulari e di altri dispositivi elettronici in classe, sia da parte degli studenti che da parte dei docenti, è dettato dalla necessità di assicurare, da un lato, la concentrazione e l’ascolto durante le lezioni, e dall’altro di tutelare la salute psicofisica dei ragazzi che troveranno in aula un ambiente salubre e lontano dalle sollecitazioni di un uso malsano dei devices.

Queste disposizioni devono essere coordinate in modo adeguato – per evitare il rischio di apparire contraddittorie – con l’utilizzo, per fini didattici, dei dispositivi, così come promosso ed auspicato nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della cosiddetta “cittadinanza digitale” di cui all’art. 5 L. 25 agosto 2019, n. 92. Infatti, in base a questa normativa, le scuole dovrebbero incentivare l’apprendimento attraverso mezzi digitali organizzando specifici spazi all’interno degli istituti, quali: laboratori, aule “aumentate”, provviste di LIM o comunque di accesso al web; nonché applicando il metodo BYOD ( Bring you own device) secondo politiche per le quali “l'utilizzo di dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche sia possibile ed efficientemente integrato” (PNSD – azione #6).

Giuseppe Valditara, Ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, Ministro dell'Istruzione e del Merito

In poche parole, l’utilizzo del cellulare potrà comunque essere consentito dal docente, secondo il regolamento della scuola, per fini didattici, mentre rimarrà vietato in tutti gli altri casi durante le lezioni con le conseguenti sanzioni previste da ogni istituto.

di Zelda Nobili

#edizione2023 #marzo #attualità

Eravamo sostenibili quando abbiamo iniziato a inquinare

La questione sulla realizzazione dell’ovovia ha riacceso da parte dell’opinione pubblica triestina il tema della mobilità sostenibile. Chi ha qualche anno d’età sicuramente si ricorderà che a Trieste ci si muoveva non soltanto in autobus e soprattutto in automobile, ma anche con due mezzi di trasporto non più esistenti: il tram e la filovia. Sessanta anni fa, il nostro sistema di trasporto pubblico era costituito da 25 linee di cui la maggior parte esercitate da questi due veicoli che hanno la caratteristica di essere totalmente elettrici e silenziosi. Capirete quindi che l’impatto ambientale sulla città era nettamente inferiore rispetto ad oggi, senza contare anche la quantità di automobili, anch’esse fonte di inquinamento, presenti nel 1963 solo a Trieste. Ma visti tutti i problemi odierni legati alla crisi ambientale, perché abbiamo dismesso questi mezzi di trasporto non inquinanti? La risposta è di carattere storico ed economico e per comprenderla è necessario analizzare il periodo degli anni ’60, un capitolo della nostra storia contemporanea ricordato come gli anni del “boom economico”. Questo è stato un decennio di ripresa economica, di consumo e benessere collettivo dove gli italiani soddisfavano tutti i loro bisogni, sperimentandone anche dei nuovi, tra cui lo spostarsi in totale autonomia per mezzo di veicoli propri come le automobili che in quel periodo si stavano diffondendo sempre di più, provocando un forte calo nell’utilizzo dei mezzi pubblici. Giusto per rendere l’idea, nel 1963 l’azienda dei trasporti, l’A.C.E.G.AT., aveva trasportato a bordo dei propri mezzi 84.942.060 di passeggeri e nel 1969 64.819.723, con un calo del 23% in neanche un decennio; questo aveva provocato una crisi all’interno del settore che aveva visto i suoi utenti scegliere altri modi per spostarsi provocando un diminuimento delle entrate aziendali, che dipendevano anche delle vendite dei biglietti. Risulta che l’A.C.E.G.AT. nel 1966 avesse il bilancio in passivo di circa 2 miliardi di Lire e che ciò avesse portato a compiere, per risanare la perdita, delle scelte oggi impensabili, ossia di investire sul mezzo di trasporto più economico anche se questo avrebbe comportato conseguenze, dal punto di vista ambientale, tutt’altro che benefiche. Si decise quindi, di sopprimere le linee tranviarie e filoviarie, sostituendole con autobus a gasolio. A difesa di questa decisione c’è solo il fatto che negli anni ‘60 i problemi legati all’inquinamento ed alla crisi climatica, che sarebbero stati una ragione per mantenere tram e filobus, non erano evidenti e reclamizzati quanto oggi, e che nessuno avrebbe potuto mai immaginare le conseguenze, in termini ambientali, per la nostra città. La soppressione delle linee tranviarie e filoviarie ha avuto atto progressivamente negli anni ’60 e ’70, dove si è passati da avere 10 linee filoviarie e 4 tranviarie, nel 1963, a 6 filovie e nessun tram, nel 1970, per poi concludere questo processo in favore all’autobus ed al cosiddetto “progresso” nel 1975, quando tutta la rete di trasporto pubblico era esercitata solo ed unicamente da autoveicoli. Da allora fino ad oggi nulla è cambiato. Gli abitanti di Trieste se non usano l’auto per spostarsi usano l’autobus e tutto ciò non fa altro che aumentare le emissioni cancerogene che danneggiano la qualità della vita per i Triestini. Nonostante tutto c’è una speranza: in questo ultimo periodo siamo di fronte ad un’inversione di tendenza sulle politiche di mobilità cittadina, che vedono nelle soluzioni del passato una buona risposta per il nostro futuro. Molte città italiane ed europee stanno via via ripristinando il tram e la filovia nei loro sistemi di trasporto pubblico con esiti più che positivi tra la popolazione. Farlo non è impossibile e Trieste ha tutte le ragioni per offrire ai suoi cittadini il diritto di muoversi in modo più pulito ed efficace, andando oltre il banale utilizzo dell’autobus. Che cosa si sta aspettando?

di Simone Sorgiovanni

#edizione2023 #marzo #attualità

Il libro “Memorie d'una ragazza perbene” di Simone de Beauvoir, una donna che più di tutto voleva essere indipendente, è un’autobiografia in cui l’autrice, un'intellettuale parigina insofferente nella società di fine novecento, analizza in maniera critica, riflessiva e introspettiva tutta la sua vita a partire dall’infanzia. Il primo volume di due, in cui ella si racconta, mi ha rapita: le pagine scorrevano senza che me ne accorgessi. L’autrice entra nel cuore dei suoi lettori con il modo coinvolgente di descrivere e narrare la quotidianità delle sue giornate e dell’intero percorso della sua vita. Ho amato il suo modo di scrivere, raffinato e affascinante, che la caratterizza e che alterna passione e freddezza; la sua bravura nel trovare le parole giuste per esprimere le emozioni, le sensazioni e i pensieri più intimi che possono sorgere alla mente di una bambina, di una ragazza e di una giovane donna. La verità delle sue parole mi ha colpita davvero. Tramite i suoi racconti ci si sente vicini all’autrice, e la si accompagna, la si osserva e la si conosce tramite le sue parole, leggendo ciò che ella condivide con noi. Questa lettura trasmette la voglia di imparare, fa riflettere sulla gioia del sapere, del suo valore. Evidenzia l’importanza che ha la conoscenza per poter essere liberi: il sapere è fondamentale per raggiungere l’indipendenza. La cosa più affascinante di questo libro è la sua purezza, sincerità. Simone non narra di una vita da fiaba, perfetta, ma della sua; della sua infanzia in modo trasparente e della sua crescita in modo veritiero. Dopo aver concluso questo libro mi sento vicina all'autrice, sento di averla conosciuta attraverso le sue parole e i suoi ricordi. L’ho ammirata per la sua intelligenza e tenacia. Consiglio vivamente questo libro e spero che ogni persona che come me lo legga lo apprezzi come merita.

di Marina Barbato

#edizione2023 #marzo #recensioni #libri

Secondo dati forniti dall’associazione Antigone, il 15 gennaio 2022, su 13.611 giovani a carico dei servizi della giustizia minorile, 316 erano detenuti in carceri minorili, di cui 140 stranieri e 8 ragazze. Un dato in calo rispetto agli anni precedenti. Perciò, circa il 2,6% dei giovani adulti vengono effettivamente rinchiusi in carcere, in quanto si cerca il più delle volte di trovare un efficace percorso rieducativo del minore, assegnando quindi dei percorsi di riabilitazione presso case famiglia e comunità, affinché non tornino a delinquere una volta terminata la riabilitazione. Perché dunque circa 300 ragazzi sono chiusi in carcere, al contrario degli altri 13.300? Il motivo non riguarda la gravità del reato commesso, bensì la fragilità sociale dell’individuo, sempre secondo l’associazione Antigone. In pratica, proprio alle persone a cui bisognerebbe prestare maggior attenzione e cura, queste vengono negate, perché troppo difficili da trovare. Ma cosa si guadagna da questa detenzione? Forse il giovane non può delinquere temporaneamente, così da non poter commettere ulteriori danni, ma dopo la scarcerazione? Quanto alte sono le possibilità che una persona, che è già stata rinchiusa in un istituto detentivo in quanto considerata troppo difficile da reintegrare, riesca effettivamente ad integrarsi nella società, una volta adulta? Pertanto, senza nemmeno considerare i danni emotivi che potrebbe subire un adolescente una volta rinchiuso in un carcere con altri coetanei considerati ugualmente pericolosi, è chiaro che il mantenimento degli istituti detentivi per minori non sia altro che una scelta pigra, fatta per evitare di dover trovare delle soluzioni alle cause che hanno portato il giovane a delinquere.

di Vasco Rizzotti-Vlach

#edizione2023 #marzo #pro&contro

Martedì 24 gennaio, ospite del Trieste Film Festival, Zdenek Zeman ha presentato il suo libro autobiografico “La bellezza non ha prezzo”. Con lui il vicedirettore della Gazzetta Dello Sport Andrea di Caro, che ha partecipato alla stesura del libro. La sua visita a Trieste era dovuta anche alla consegna dell’Eastern Star Award, consegnatogli la sera stessa al Rossetti, che vanta tra i suoi precedenti vincitori anche Michail Gorbaciov. L’inizio della presentazione si è svolto in un’atmosfera molto serena, con alcune battute dell’allenatore boemo (“Una volta noi e Trieste eravamo parte di un unico regno l’Impero Austro-Ungarico”; “Non ho mai allenato la Triestina, ma ogni volta che venivo qui vincevo”). Ha parlato inoltre del suo legame familiare con Trieste, svelando che la bisnonna nacque proprio qui circa a metà dell’Ottocento. Dunque si è passati a parlare del libro, diviso in due tempi: la prima parte della sua vita in Cecoslovacchia (dal 1947 al 1969) e la seconda in Italia. Nel 1966 venne per la prima volta nel nostro paese, ospite dello zio, Cestmir Vycpalek, giocatore e poi grande allenatore della Juventus. Nel 1968, durante la Primavera di Praga, era qui e decise di restare qualche mese aspettando che la situazione si calmasse, per poi tornare a fine anno e concludere gli studi all’Università dello sport. L’ultimo contatto con la Cecoslovacchia, fino alla caduta del Muro nel 1989, lo ebbe il 30 giugno 1969, giorno in cui partì per l’Italia, e la mattina successiva furono chiuse definitivamente le frontiere. In Sicilia cominciò dunque la sua carriera da allenatore, inizialmente in vari sport, ma ovviamente lo sport principale (giocato e allenato in quel periodo) era il calcio. Infatti di lì a qualche anno cominciò ad allenare le giovanili del Palermo, con i suoi punti fermi che costituiranno un motivo di venerazione per gli amanti di questo sport: schema fisso 4-3-3, gioco veloce con verticalizzazioni e il suo metodo di allenamento, che consiste nel lavorare sul fisico più che sul pallone, dovuto anche alla sua competenza nella preparazione atletica. Parlando della sua lunga carriera Zeman definì il Licata (società all’epoca in serie C2) la miglior squadra mai allenata per il gioco espresso, ma l’apice del suo percorso lo ebbe al Foggia (allenato tra il 1989 e il 1994), che fece diventare una seria contendente nella qualificazione alle competizioni europee. Dopo gli anni pugliesi ci furono le grandi occasioni per raggiungere lo scudetto, che però gli sfuggì sempre, prima alla Lazio e poi alla Roma, dove incontrò Totti, che ha definito “il più forte giocatore mai allenato”. In questi anni ci fu lo spartiacque della carriera di Zeman: alla domanda ”cosa non le piace del calcio italiano?” rispose “vorrei che uscisse dalla farmacie e dagli uffici finanziari e torni ad essere un gioco”. Da quel momento divenne una figura sovversiva del panorama calcistico, anche se alla luce degli ultimi avvenimenti (la morte di Vialli e di molti altri ex-calciatori, le testimonianze di un uso esagerato di farmaci per migliorare le prestazioni e le indagini sui bilanci truccati di molti club italiani ed europei) non è difficile pensare che lui ci aveva visto lungo. Dopo queste esperienze, tra vittorie e sconfitte, risaltano gli anni al Lecce, al Pescara e il breve ritorno alla Roma. L’allenatore boemo ha concluso l’evento con alcune frasi emblematiche, che evidenziano la sua visione quasi romantica dello sport e del calcio. Alcune sono: “il calcio è un gioco, e bisogna giocarlo per la gente, che deve divertirsi, che si vinca o che si perda”; “la passione non passa, l'allenatore non deve correre o calciare, deve pensare, guidare e capire il calcio, e io sono ancora in grado”; “essere della gente vale più di 100 scudetti”. Soprattutto quest’ultima dimostra un fatto incredibile: i tifosi delle varie squadre erano più zemaniani che romanisti, laziali, leccesi o pescaresi, e questo non può che essere un grande merito di quest’uomo.

di Filippo Ardone

#edizione2023 #marzo #sport

Ogni tanto l'opinione pubblica si ripropone di affrontare il dibattito legato alle carceri, dibattito che proprio in questi giorni è riaffiorato con il caso Cospito: qualcuno sostiene che sono inefficienti dal punto di vista riabilitativo, qualcun altro sostiene che le pene sono troppo poco severe, qualcun altro ancora è contrario per principio alla carcerazione. La parte più spinosa di questo dibattito riguarda le carceri minorili che, coinvolgendo minorenni, costituiscono una grande fonte di controversie e strumentalizzazioni. A chi sostiene l'abolizione di questo tipo di carcere sarebbe saggio rispondere senza invocare ragioni pratiche come la riabilitazione, la sicurezza della società o il “dare una bella lezione”, che potrebbero essere facilmente contestate; sarebbe più conveniente invece affrontare un discorso sul vero valore della libertà. Può sembrare un controsenso parlare di libertà e di carceri nello stesso discorso, ma basta un semplice ragionamento per rendersi conto che, se è vero che la perdita di qualcosa è l'unico modo per accorgersi del suo valore, la più grande lezione che un carcere può dare è quanto sia preziosa la propria libertà. Chi commette un reato, sapendo che al reato corrisponde il carcere e quindi la privazione della libertà, decide inconsciamente di rinunciare alla sua condizione di essere umano libero e l'unico modo per renderlo cosciente di questo errore è proprio l'applicazione di questa sua rinuncia; sono gli uomini a dare un valore al denaro, a dare un valore all'oro e a dare un valore ai simboli, dunque quale mezzo migliore perché comincino anche a dare valore alla libertà fin dalla propria adolescenza? Il giovane che impara a tenersi stretta la propria libera natura umana perderà la voglia di commettere reati.

di Dario Mencastabi

#edizione2023 #marzo #pro&contro

Dal 16 al 19 marzo 2023 arriva al Politeama Rossetti la famosa opera teatrale: “La dolce ala della giovinezza”, scritta dal drammaturgo statunitense Tennessee Williams nel 1952, con la regia del grande Pier Luigi Pizzi. Il protagonista, Chase Wayne, dopo non esser riuscito a diventare un attore hollywoodiano, decide di far ritorno alla città natale, St. Cloud, sperando di riprendere in mano la sua vita e di ritrovare l'amore giovanile: Heavenly Finley, la quale, però, non è più la ragazza di un tempo. Alexandra Del Lago, una stella del cinema in declino, accompagna il protagonista nel suo ritorno in città; i due diventano amanti e l'attrice inizia ad accrescere costantemente i sentimenti verso Chase. Nel frattempo però Wayne dovrà fare anche i conti con il rancore delle persone che ha ferito in passato prima della sua partenza verso Hollywood. Lo spettacolo, nel 1962, è arrivato nelle sale cinematografiche con una famosa pellicola diretta da Richard Books. Consiglio alle persone che hanno assistito al film di andare a teatro a vedere questa rappresentazione, soprattutto per avere un confronto critico tra le due diverse interpretazioni e strutture sceniche. Testo, comunque, imperdibile.

di Taina Cremese

#edizione2023 #marzo #teatro #anticipazioni

Dall’11 dicembre 2022 il teatro Verdi ha ospitato un ciclo di lezioni su personaggi storici considerati rivoluzionari. Da Gesù a Robespierre questo percorso dal titolo “Ribelli” tenta di coltivare, portando esempi dal passato, la speranza di un cambiamento sempre possibile. Sei relatori, ogni domenica alle 11:00 dall’11 dicembre 2022 al 16 aprile 2023, hanno tenuto e terranno una lezione su un diverso personaggio, concentrandosi particolarmente su come quest’ultimo abbia influito nel cambiamento. Domenica 5 marzo la conferenza sarà tenuta da Valeria Palumbo, giornalista, storica delle donne e autrice teatrale, che ha inoltre scritto vari libri sulla libertà, la ribellione e il rapporto col potere delle donne. L’incontro, intitolato “Virginia Wolf: fuori dalla trappola del sesso” partirà dal romanzo dell’autrice “Orlando”, del 1928, nel quale viene raccontata la storia dell’omonimo giovane che, nel corso di quasi quattro secoli, vive avventure di ogni tipo tanto da ritrovarsi anche a diventare una donna; la relatrice poi continuerà mettendo in luce il pensiero di Virginia Wolf su identità di genere, sesso e ruoli sociali, soffermandosi su quanto questi determino la vita dell’individuo.

di Elisabetta Sodomaco

#edizione2023 #marzo #pro&contro

Che cos’è un AI?

L'intelligenza artificiale (IA) è una tecnologia che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, diventando sempre più presente nella nostra vita quotidiana. Ma cosa significa realmente l'IA? In termini semplici, l'IA è una serie di algoritmi che consentono alle macchine di apprendere, di pensare e di agire come esseri umani. Ciò significa che le macchine possono prendere decisioni in modo autonomo, migliorare le proprie prestazioni e adattarsi a nuove situazioni. L'IA ha radici lontane. Uno dei primi esempi di IA fu il “Teoria degli automi” proposta da John von Neumann nel 1945, che credeva che le macchine avrebbero potuto simulare il comportamento umano. L'IA è cresciuta negli anni '50 e '60, grazie alle ricerche di informatici come John McCarthy e Marvin Minsky. L'IA moderna si basa su tecniche di apprendimento automatico, in cui i computer analizzano enormi quantità di dati per identificare schemi e relazioni. OpenAI è una delle aziende leader nel campo dell'IA. Fondata nel 2015 da Elon Musk e altri imprenditori, OpenAI ha come obiettivo di sviluppare l'IA in modo responsabile e sicuro. OpenAI ha creato numerosi progetti innovativi, come GPT-3, un sistema di elaborazione del linguaggio naturale che può generare testo di alta qualità. Inoltre, OpenAI ha recentemente sviluppato DALL-E 2, un sistema che utilizza l'IA per generare immagini a partire da descrizioni testuali. Chat GPT è un sistema di elaborazione del linguaggio naturale creato da OpenAI, che utilizza una rete neurale artificiale per generare testo di alta qualità in risposta a domande e richieste. Tuttavia, l'IA ha anche una serie di svantaggi e rischi. L'IA potrebbe sostituire molte professioni e posti di lavoro, creando disoccupazione e una maggiore disuguaglianza. Inoltre, l'IA potrebbe essere utilizzata in modo malintenzionato, come nel caso della manipolazione delle elezioni o della creazione di disinformazione. Come ha detto il famoso fisico Stephen Hawking, “il successo dell'IA potrebbe essere l'evento più grande della storia della civiltà. Purtroppo, potrebbe anche essere l'ultimo, a meno che sappiamo come evitare i rischi”. È importante che gli sviluppatori di IA considerino i rischi potenziali e sviluppino la tecnologia in modo responsabile e sicuro.

L’AI: un rischio ancora in beta.

Sarà utile per i lettori sapere che ciò che avete appena letto, e forse quello che state tutt’ora leggendo, è opera di un programma, un semplicissimo bot, capace di soddisfare qualsiasi richiesta dell’utente, Chat GPT, che, con un egocentrismo non del tutto artificiale, si è tanto elogiato nella prima parte di questo articolo. E questo è solo un assaggio di quello che in realtà è possibile fare con programmi accessibili gratuitamente. Programmi del genere terrorizzano il sistema scolastico mondiale: basta uno smartphone per rispondere a qualsiasi quesito di un professore in un compito in classe. É dunque la morte della scuola? Le AI ci renderanno degli inutili sacchi di carne deformi? Assolutamente no, o meglio, prima che accada ciò passeranno così tanti anni che la più giovane delle nostre generazioni sarà un vaghissimo ricordo. Infatti, nessuna intelligenza artificiale è capace di sviluppare pensieri propri su quello che le viene richiesto: tutto quello che può sembrare minimamente morale è il risultato di un lunghissimo procedimento, frutto di una lunghissima concatenazione di informazioni prese dalle fonti del programma. Inoltre, ci sono ancora numerosissime falle nel linguaggio, evidenti nella parte prima scritta da OpenAI . Il lavoro della scuola dunque non sarà inutile, ma più difficile: ci dovrà essere un impegno costante nel creare prove che puntano maggiormente allo sviluppo di un pensiero critico di fronte agli argomenti studiati, almeno per quanto riguarda le materie più umanistiche, oppure quesiti che puntano alla logica, per le materie più scientifiche. E non vedo come questi cambiamenti possano nuocere al sistema scolastico. Dunque le intelligenze artificiali sono senza dubbio una svolta per l’uomo. Certo ci sono ovviamente dei rischi, legati, però, all’utilizzo che può farne l’uomo, che rimane a prescindere la macchina più potente della terra. “Il nostro cervello è l'oggetto più complesso dell'Universo, eppure utilizza solo 20 watt di potenza. Ci vorrebbero una centrale nucleare ed un computer grande quanto un isolato per imitarlo” -Michio Kaku

di (forse) Matteo Fornasaro

#edizione2023 #marzo #attualità